Facebook: arrestato e scarcerato Diego Dzodan numero 2 per il Sudamerica

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Diego Dzodan

Facebook: scarcerato Diego Dzodan. Il numero due del social network per l’America Latina è stato scarcerato su ordine del Tribunale dello Stato brasiliano del Sergipe. Accettata la richiesta della difesa.

Facebook e l’arresto del vicepresidente in America Latina

Facebook si è vista arrestare nella giornata di ieri il proprio vicepresidente per il Sudamerica: si chiama Diego Dzodan e da diverse ore è a disposizione della giustizia brasiliana. Le forze dell’ordine lo hanno arrestato ieri a San Paolo in esecuzione di un mandato disposto dal giudice della città di Lagarto nello Stato di Sergipe. Dzodan è stato arrestato poiché Facebook non avrebbe collaborato in un’indagine relativa ad alcuni messaggi transitati tramite WhatsApp, applicazione che fa parte proprio del gruppo facente capo a Mark Zuckerberg.

Diego Dzodan è stato ammanettato dagli agenti proprio mentre si stava recando al lavoro, presso il quartier generale di Itaim Bibi. Negli ultimi mesi, dichiarano gli inquirenti, il numero 2 di Facebook per l’America Latina era stato convocato per ben tre volte per fornire dei chiarimenti, ma non si è mai presentato all’appuntamento.

Facebook non ci sta: la nota ufficiale

“Siamo amareggiati. Si tratta di una decisione estrema e non proporzionata – il commento di Facebook a ‘Gizmodo’ – Siamo sempre stati disponibili e continueremo ad esserlo a collaborare con le autorità”.

“Non possiamo fornire informazioni che non abbiamo – fanno sapere invece da WhatsApp – . Abbiamo collaborato al massimo delle nostre capacità in questo caso e se da una parte rispettiamo il lavoro importante delle forze dell’ordine, dall’altra siamo fortemente in disaccordo con la loro decisione”.

La situazione rimane al momento poco chiara: secondo quanto riferisce il quotidiano ‘O Globo’, Facebook sarebbe stata multata di circa 11.500 euro al giorno, oltre ad 1 milione di euro per il mancato pagamento della sanzione di 230mila euro. A dicembre del 2015 un giudice aveva bloccato temporaneamente il servizio di WhatsApp in Brasile per il rifiuto di collaborare con le autorità nell’accesso ai dati di alcuni utenti coinvolti presumibilmente in un cartello criminale. Sarebbe il terzo caso in un anno per Facebook / WhatsApp: in tutti e tre i casi, l’azienda di Palo Alto si è rifiutata di fornire agli inquirenti i dati personali richiesti, per rispettare la privacy degli indagati. La nuova vicenda si innesta ora in un contesto già infuocato dalla diatriba tra Apple e l’FBI ed estende al Sudamerica il problema relativo alla privacy degli utenti, da coniugare con le necessità degli inquirenti.