Il Native Advertising e i futuri scenari della pubblicità online

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Il mercato dell’Advertising sta vivendo un momento di rapida evoluzione. I comportamenti degli utenti stanno imponendo ai player del mercato pubblicitario nuove strategie per migliorare l’efficacia della pubblicità online. L’ultima rivoluzione prende il nome di Native Advertising, un cambio di paradigma totale che sta modificando dalle fondamenta il concetto di Advertising. Ne abbiamo parlato con Eduardo Grimaldi di Snapbit per capire il mercato della pubblicità online dove sta andando.

In principio c’era il Display Advertising

Per anni il grosso del mercato della pubblicità online si è basato sul Display Advertising, banner posizionati in aree periferiche di siti web, blog e infine social media. Ai banner si sono aggiunti i pop up che all’inizio hanno mostrato incoraggianti risultati in termini di incisività.

Il criterio di fondo di questa tipologia di promozione è quello dell’interruption marketing, lo stesso principio che sottende agli spot televisivi. L’interruzione del flusso di informazione cerca di attirare l’attenzione degli utenti per promuovere prodotti e aziende. Il vantaggio del web si configurava essenzialmente in una migliore tracciabilità degli utenti in base ai loro interessi, di conseguenza una migliore definizione dei target.

Il declino del Display Advertising

Il  web però è il fenomeno più dinamico dell’epoca moderna e quello che funziona oggi non necessariamente funzionerà domani. Così anche il Display Advertising ha iniziato a scricchiolare e le analisi dei dati hanno iniziato ad incrinare la fiducia verso questo prodotto pubblicitario.

I problemi nascono inizialmente da un cambio delle modalità di fruizione del web da parte degli internauti. L’uso sempre più diffuso di internet per gli scopi più diversi, ha comportato un aumento dell’insofferenza degli utenti verso le interruzioni pubblicitarie. L’attenzione selettiva degli utenti ha reso meno efficaci i banner, che non vengono visti da oltre la metà degli utenti online.

L’invadenza di banner e pop up è diventata insostenibile con la diffusione degli smartphone, da cui oggi passa oltre la metà del traffico web. Sopratutto i pop up, su mobile diventano eccessivamente invasivi generando falsi clic a ripetizione. Gli utenti cercano di chiudere il pop up ma cliccano, questo genera costi per le aziende, ma scarsissimi risultati di conversione.

A peggiorare il quadro Google ha iniziato ad applicare politiche di penalizzazione verso quei siti che fanno un uso eccessivo ed invasivo dei pop up. Infine la diffusione dei programmi di AD Block ha ulteriormente ristretto l’efficacia del Display Advertising.

La Brand Safety

Un nuovo problema per il Display è arrivato con l’automazione del mercato pubblicitario sempre più diffusa. Real Time Bidding e Programmatic buying sono solo l’ultima evoluzione di questi processi di gestione del mercato pubblicitario. La difficoltà di controllare che i Brand non vengano esposti ad associazioni negative per la loro immagine è fonte di serie preoccupazioni.

Vedere il marchio di una compagnia aerea in una pagina dove si parla di un incidente aereo, di sicuro non è una buona operazione pubblicitaria. Tuttavia capita, perché i programmi di automazione leggono come coerente il contenuto della pagina, d’altronde si parla pur sempre di aerei!

Il fenomeno AD Fraud

Un’altro limite del Display Advertising riguarda il fenomeno AD Fraud. La presenza e la difficoltà di intercettare bot che simulano comportamenti umani, generando montagne di clic che le aziende pagano, ma che abbattono drasticamente i ROI delle campagne pubblicitarie. Al di là dei bot, i falsi clic sono un fenomeno molto più diffuso di quanto si pensi e ormai il dato è sotto la lente del mercato, che inizia a vedere la redditività degli investimenti pubblicitari calare drasticamente.

L’esplosione del Native Advertisng

Google e i motori di ricerca

In un mercato in rapida trasformazione il Native Advertising è diventato il nuovo orizzonte verso cui spostare gli investimenti. I primi a creare un prodotto Native, sono stati, neanche a dirlo, i signori di Google. Gli annunci sponsorizzati in Serp sono stati forse il primo esempio di Native Advertising. I link sponsorizzati in alto e in fondo alla pagina di risposta delle ricerche di Google, di fatto sono a tutti gli effetti Native Advertising. Li possiamo definire Paid Search Units, seguendo la classificazione standard fornita dallo IAB.

“Un annuncio Native è un contenuto a pagamento che viene inserito all’interno di una pagina web, acquisendone tutte le caratteristiche e di fatto, diventando a tutti gli effetti un contenuto tra gli altri”.

La trasparenza impone che venga marcato come annuncio, come nel caso di Google.

I Social Media

I Social Media hanno imboccato immediatamente la nuova strada, creando prodotti native in-feed. Siamo molti ad utilizzarli attraverso le campagne di Facebook, senza essere consapevoli di utilizzare il Native Advertising.

Quando compriamo pubblicità su Facebook, le nostre inserzioni vengono inserite all’interno del feed di Facebook, configurandosi come qualsiasi altro contenuto. Gli annunci in-feed di Facebook devono rispettare gli stessi spazi e proporzioni destinati agli altri utenti.

Molto importante risulta la posizione, solitamente dopo il primo scroll e successivamente intervallati tra i post organici degli utenti. L’altro parametro che influenza l’efficacia dei contenuti sponsorizzati Native, è la permanenza dell’annuncio nel feed, che può essere visualizzato tornando indietro, a differenza dei banner display che vengono refreshati ogni 30/60 secondi in media.

Twitter ha applicato la stessa strategia. Offrendo di fatto solo Native Advertising. I tweet sponsorizzati rispettano le impostazioni generali del Social Media in cui sono pubblicate.

Le altre piattaforme di Social Media come Instagram, passato sotto il controllo di Zuckerberg, Pinterest o Linkedin sono tutte ormai pienamente coinvolte nella diffusione di questo nuovo approccio alla pubblicità online.

Editori e publisher

Un altro fronte che sta spingendo sul Native Advertising è quello degli editori e dei publisher che hanno compreso l’efficacia di questi nuovi prodotti e, di fronte alla crescente richiesta di acquisto di Native da parte dei Big Spender, hanno sostanzialmente adeguato la loro offerta pubblicitaria Native oriented. I primi a potenziare l’offerta di prodotti Native sono stati Forbes, Huffington Post ed altre grandi testate americane, seguite a ruota da altri grandi gruppi editoriali. Molti editori hanno riorganizzato la loro organizzazione interna, dedicando redazioni specifiche per la produzioni di contenuti Native Advertising in coproduzione con le aziende.

Technology Vendor

L’ultimo gruppo di player che ha individuato nel Native Advertising il nuovo El Dorado pubblicitario, è l’affollato mondo dei Technology Vendor. Sono le aziende che attraverso la creazione di piattaforme informatiche, propongono soluzioni in grado di mettere in connessione editori e advertiser per la compravendita di prodotti Native, anche con l’integrazione di modalità programmatiche.

Rappresentata da aziende come Sharethrough, Nativo, Outbrain, il settore dei Technology Vendor punta allo sviluppo di soluzioni che possano facilitare i processi creativi, la distribuzione dei contenuti , la pianificazione, la scalabilità delle campagne, puntando su un’armonizzazione dei differenti formati Native.

Come  utilizzare il Native Advertising

Essenzialmente il Native Advertising basa la sua efficacia sulla costruzione di contenuti di valore e coinvolgenti per gli utenti. È una nuova visione della comunicazione pubblicitaria, strettamente legata al Content marketing e alle strategia di Inbound Marketing.

Un annuncio Native non è paragonabile al classico banner pubblicitario. L’investimento economico viene spostato molto di più sulla creazione del contenuto, che per raggiungere i risultati prefissati, richiede capacità creative, tecniche, professionali, decisamente superiori a quelle richieste per la realizzazione di un semplice banner.

Un annuncio Native è un contenuto a tutti gli effetti, che deve essere percepito come rilevante dagli utenti.
Deve essere concepito per la diffusione in uno specifico media, di cui deve acquisire le caratteristiche, per essere coerente con il contesto e con gli argomenti di interesse del pubblico specifico.

Un fattore di grande importanza è la trasparenza, che deve essere al centro delle attenzioni dell’azienda, oltre che dell’editore. Un annuncio Native deve essere marcato come pubblicità e distinto dai contenuti organici degli altri utenti. Da diverse analisi è emerso che questo livello di trasparenza è estremamente apprezzato dagli utenti, che si predispongono positivamente nei confronti del brand e dei contenuti che propone.

Tutte le analisi dimostrano che contenuti di valore, distribuiti correttamente attraverso campagne di Native Advertising, hanno un’efficacia molto più alta della pubblicità display.

Le potenzialità del Native Advertising

Il mercato pubblicitario sta cambiando in modo radicale sperimentando nuove strade per connettersi con un pubblico cambiato nelle proprie abitudine di consumo , altrettanto radicalmente. Content is king oggi più che mai. Gli utenti maturi di internet chiedono alle aziende di non proporsi come piazzisti, ma di dimostrare attraverso il dialogo, il loro mondo, i valori, la filosofia, la competenza.

Per questo i contenuti Native stanno investendo ogni filiera del web.Le aziende provano a sfruttare in modo nuovo tutti i touch points che le mettono in connessione con gli utenti, con lo scopo di creare una relazione. Dal più immediato funnel di conversione si è passati all’analisi del Customer Journey. Questo implica necessariamente una relazione con l’utente su più piattaforme e con diversi codici di linguaggio.

Il Native Advertising si sta dimostrando la strategia più efficace per connettersi con gli attuali utenti. L’avvento dei Millennials forzerà ulteriormente questa dinamica.

Un esempio di quanto ci si stia spingendo nella sperimentazione è dato dal Custom Native, che sfugge alle categorizzazioni IAB. Ne rappresentano un esempio le playlist sponsorizzate su Spotify, bonus sponsorizzati all’interno di app e giochi, recommendation widget, oltre a tutto il panorama della comunicazione video che dai Social a Youtube prova a disegnare nuove possibilità di diffusione di contenuti promozionali.

La pubblicità del futuro

In questo scenario emergeranno tutte quelle realtà, dalle PMI alle multinazionali, che sapranno elaborare il giusto mix tra Display, Native e un’ottimale utilizzo di tutte le piattaforme per veicolare i propri contenuti. Un’audience più evoluta sta spingendo verso una relazione più matura e meno urlata.

La comunicazione è cambiata e le aziende devono strutturarsi per emergere nel nuovo contesto.