Film streaming: prima sentenza favorevole ad un sito in Italia

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Per la prima volta in Italia una sentenza favorevole ad un sito che trasmetteva film streaming. Come riferisce Alessandro Longo su Repubblica.it, è stata annullata una sanzione da ben 600 mila euro contro il gestore di alcuni domini che avrebbero violato i diritti d’autore. I portali in oggetto sono filmakers.biz, filmaker.me, filmakerz.org e cineteka.org, mentre la sentenza è stata emessa dal Tribunale di Frosinone a febbraio. A difendere il gestore dei siti in questione, l’avvocato Fulvio Sarzana, che a sua volta ha reso noto l’esito della sentenza.

“Finalmente – dice il legale a Repubblica – un giudice ha riconosciuto che non è automatica la violazione del diritto d’autore se un sito ospita link a streaming di film e musica su internet, anche con banner pubblicitari, se non è chiaro il fine di lucro”. Dichiarazioni cui fanno eco quelle di Marco Scialdone, docente a contratto in Digital Copyright, presso la Link Campus University di Roma e responsabile del team legale dell’Associazione “Agorà Digitale”: “Per la prima volta, è stato ristabilito lo stato di diritto nelle questioni di copyright. Questo è infatti il primo giudice che riconosce che se non ci sono prove sufficienti, un sito non può essere chiuso e il suo gestore sanzionato”.

Si tratta di una sentenza che farà storia, poiché va esattamente controcorrente rispetto a quanto accaduto fin qui con questioni analoghe. “Finora invece in Italia c’è stato un automatismo – continua Sicaldone – , come un riflesso culturale più che giuridico: se un sito era bollato come pirata, il giudice non usava le solite cautele per verificare l’impianto probatorio. Il tutto perché le tante battaglie politiche fatte dall’industria del copyright ha fatto passare l’idea che certe attività sono di per sé illegali, quindi attenzione del giudice si abbassava nell’affrontare i casi”. In sostanza, aggiunge l’avvocato Sarzana, si riconosce che chi fornisce link a materiale che risiede fisicamente altrove, non può essere considerato diretto responsabile: “Si tratta di una sentenza molto rigorosa, emessa dopo una lunga analisi operata dal Giudice sul portale e sulle singole fonti di prova. Il giudice, rilevando come l’indicazione di link non possa qualificarsi come messa a disposizione diretta di file protetti dal diritto d’autore ha ritenuta lecita l’attività del portale. E questo nonostante la presenza di banner pubblicitari. Il giudice infatti ha evidenziato quanto in sé il file sharing, ovvero la condivisione di file protetti dal diritto d’autore, sia un risparmio di spesa e non una attività con finalità di lucro”.

Film streaming: la prima sentenza favorevole

Così, dunque, il giudice ha accolto il ricorso contro l’ordinanza-ingiunzione risalente al 2015 tramite la quale il gestore dei siti in oggetto era stato ingiunto di pagare la somma di € 546.528,69, oltre le spese. Ecco quanto scrive il giudice nella sentenza:

“Giova precisare che l’art. 171-ter, 2 comma, lett. a-bis della L. 633/41 presuppone la comunicazione al pubblico a fini di lucro di un’opera protetta dal diritto d’autore, o di parte di essa, attuata mediante la sua diffusione in un sistema di reti telematiche, attraverso connessioni di qualsiasi genere. Con l’espressione ‘a fini di lucrò deve intendersi un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell’autore del fatto”.

“Ne consegue che, al fine della commissione dell’illecito in esame, deve essere raccolta la prova dello specifico intento del file sharer di trarre dalla comunicazione al pubblico, per il tramite della messa in condivisione in rete di opere protette, un guadagno economicamente apprezzabile e non un mero risparmio di spesa”.

“Priva di pregio è la giustificazione fornita (dalle Autorità n.d.r) secondo cui l’assenza di finalità lucrative sarebbe irrilevante, poiché l’art 174 bis è applicabile a tutte le violazioni previste nella sezione e quindi anche in ipotesi di violazione dell’art 171 1° co L 633/1941, atteso che (al gestore ndr) è stata irrogata la sanzione amministrativa per aver violato l’art. 171 ter, comma 2, lettera a-bis e non altra disposizione normativa”.