Banda Ultralarga presentato il piano del Governo

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Il Governo ha presentato nel consiglio dei ministri di Lunedì pomeriggio il nuovo piano per quella che viene definita banda ultralarga. L’obiettivo è quello di fare compiere al paese Italia un passo avanti nella disponibilità di reti veloci e affidabili su tutto il territorio nazionale. Nella premessa del documento che illustra i piani del governo si legge:

“Le reti di telecomunicazioni sono ormai il sistema nervoso di ogni nazione moderna. Una nazione non si ferma se si fermano i trasporti. Non si ferma neanche per uno sciopero generale. Ma se le reti di telecomunicazione si fermassero, sarebbero davvero poche le attività che riuscirebbero a non fermarsi”

Se la premessa è questa, appare del tutto logico il titolo con il quale la presidenza del consiglio dei ministri presenta il suo piano: “Strategia italiana per la banda ultralarga

Differenze fra tecnologia e infrastruttura

Se le premesse sono sufficientemente chiare e condivisibili da tutti o quasi tutti, appare ovvio che il piano del governo debba tenere poi conto degli attori che partecipano a rendere concreta la disponibilità di una banda ultralarga in Italia. Qui iniziano dunque i primi “distinguo” e compaiono quelle linee guida che necessariamente devono tener conto della realtà del paese. Viene dunque abbandonata la prima ipotesi secondo la quale le compagnie di telecomunicazioni avrebbero dovuto definitivamente abbandonare il doppino telefonico in rame in favore di una nuova e più moderna fibra. Il piano del governo esplicita una differenza fra infrastruttura intesa come mezzo fisico atto a garantire il trasporto delle informazioni: etere, doppino telefonico in rame, cavo coassiale, fibra ottica etc. e la tecnologia intesa come ciò che permette di trasmettere le informazioni per mezzo dell’infrastruttura: ISDN, ADSL, ADSL2, ADSL2+, G.Fast, GSM, LTE, LTE.

“La tecnologia evolve in continuazione, mentre l’infrastruttura resta e non cambia al variare della tecnologia” si legge nel documento rilasciato dal consiglio dei ministri e subito dopo prosegue “In questo quadro, la strategia definita dal presente documento definisce la cornice all’interno della quale amministratori pubblici, operatori privati e tutti gli stakeholder potranno esercitare Ia difficile arte del discernimento nella pianificazione di un’ infrastruttura di telecomunicazioni a “prova di futuro’: cercando il giusto bilanciamento tra investimenti e benefici degli utenti delle varie comunità locali, tra flessibilita tecnologica e domanda di tecnologia.”

In altre parole: massima libertà alle compagnie di telecomunicazione nella progettazione dei piani di sviluppo tencologici ed industriali necessari a favorire lo sviluppo della banda ultralarga. Tutto ciò con buona soddisfazione dei vari fornitori di banda che non vedevano di buon occhio l’imposizione di una linea guida per le scelte tecnologiche e/o infrastrutturali.

Ok la banda ultralarga ma che ci facciamo?

La prima spontanea critica all’adozione della banda ultralarga viene dall’interno dello stesso piano programmatico: “perchè dotarsi di una banda ultralarga se non ci sono applicazioni che la sfruttano?” la risposta è sempre contenuta all’interno del documento di programmazione: “Le “autostrade informatiche”, in particolare quelle in fibra ottica, più che essere veloci, garantiscono prestazioni più “sicure”. La frequenza dei loro guasti è di due ordini di grandezza inferiore rispetto al rame, con costi di manutenzione sensibilmente più bassi”.

Nonostante la massima libertà concessa agli operatori nel definire i loro piani di sviluppo è evidente che il piano stimola ad una progressiva diminuizione dell’uso del rame in favore dell’adozione della fibra. I motivi sono chiaramente spiegati nel minor numero di guasti oltre che nella maggiore velocità derivante dall’adozione della fibra e rimangono dunque perfettamente coerenti con la premessa con cui si apre il piano. Il rame tuttavia e le infrastrutture di vecchia generazione non possono definitivamente scomparire ma permarranno nelle aree a minor sviluppo economico anche se saranno oggetto di un upgrade tecnologico.

Dove e quando

La piena adozione del piano prevede quattro aeree di intervento denominate cluster. Ogni cluster è denominato con una lettera A,B,C,D. La composizione dei cluster viene effettuata tenendo conto della divisione del territorio italiano in 94.000 sotto-aree omogenee, ogni comune è composto di un certo nunero di sotto-aree riconducibili ad un cluster di riferimento. Ad esempio nel cluster sono previste le 15 città più popolose e le aree industriali, nel cluster B 1130 comuni, nel cluster C ulteriori 2650 e nel cluster D altri 4300 comuni.

L’intenzione è portare al Cluster A ed in parte nel cluster B almeno una banda di 100Mbps nei restanti due cluster si mira ad una banda più ridotta di 30Mbps. La data entro cui gli obiettivi del piano dovrebbero essere raggiunti è fissata per il 2020.

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Copertura Finanziara

Come sempre le dolenti note arrivano dai conti delle esigue casse italiane. Lo stato pensa di riuscire a garantire un totale di 6 miliardi di investimento pubblico, che comunque non sono completamente sufficienti a coprire quello che il documento stesso definisce un “piano ambizioso”, dunque le compagnie di telecomunicazioni dovranno in qualche modo tirar fuori dal portafoglio un po’ di quattrini per favorire lo sviluppo della banda larga. Tuttavia nello stesso documento che illustra il piano si legge: “Nessun operatore, infatti, si e dichiarato interessato a co-investire nelle aree marginali per reti FTTB/H a 100 Mbits. Tuttavia, come già detto, vi è un’ampia condivisione tra tutti gli operatori che le nuove tecnologie su rame (multivectoring, GFast, ecc) possano concorrere al raggiungimento dell’obiettivo europeo senza investimenti aggiuntivi in fibra ottica in secondaria. Si ritiene, quindi, che sulle aree marginali tali tecnologie potranno essere determinanti riuscendo a contenere gli investimenti necessari.”

In altre parole, ci sono le coperture per portare la banda ultralarga nei comuni che garantiscono una prospettiva ed uno sviluppo economico, anche con l’adozione della fibra, per i comuni invece definiti come marginali si cercherà di investire nelle tecnologie esistenti, in questi comuni il passaggio ai 30Mbps è l’obiettivo migliore possibile ma in caso di assenza di fondi privati sarà lo scenario pessimistico a prevalere: ovvero nessun miglioramento delle prestazioni della banda

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